Tamburi
“Dalla torre cade un suono di bronzo: la sfilata prosegue fra tamburi che ribattono a gloria di contrade”. (Eugenio Montale, 1939).
Questi bellissimi versi esprimono in poche parole tutto il comune sentire dei senesi il giorno del Palio. Anche Luigi Gianoli, giornalista storico della “Gazzetta dello Sport”, presente a Siena per il Palio del 2 luglio 1952, rese omaggio a questo strumento e scrisse: “tamburi d’ogni contrada profondi e cupi sembravano chiamare a raccolta e tonificare un remoto spirito guerriero”.
Il tamburo è uno strumento antichissimo, usato da tutti i popoli come suono di richiamo delle comunità in molteplici occasioni: da segnale di allarme e pericolo a richiamo sonoro per le feste o le cerimonie sacre. In Europa, nel Medioevo, gli annunci ufficiali delle autorità locali venivano fatti dai Banditori nelle piazze e nelle strade delle città, al suono del tamburo. A Siena è rimasto famoso l’episodio del tamburino Cerreto Ceccolini – forse un banditore – che, dalla torre del Palazzo Marescotti (oggi Palazzo Chigi), narrava con voce tuonante al popolo riunito alla base della torre le alterne fasi della battaglia di Montaperti del 1260 (Cronaca di anonimo senese del XIII secolo) e forse con una bella stamburata annunciò la vittoria dei senesi sugli odiati fiorentini.
Fin dal XVI secolo l’uso del tamburo ebbe una prevalente applicazione in campo militare, come istruzione sonora per le manovre dei reparti e per la cadenza del passo di marcia degli eserciti. In particolare ebbe grande sviluppo negli eserciti di Napoleone, soprattutto con le Marce dei Granatieri della Vecchia Guardia. A Siena l’uso del tamburo nelle Contrade per accompagnare la propria rappresentanza è attestato fin dai primi del Settecento, alternato o unito ad altri strumenti come trombe, pifferi e tamburelli.
L’affermazione del tamburo quale unico strumento di accompagnamento della Comparsa è attestato dalle immagini che ci sono pervenute dai primi dell’Ottocento ed è di sicura derivazione napoleonica, in particolare per i suoni espressi dal “passo” di marcia e da quello a vittoria.
Le uscite ufficiali della Comparsa della Contrada sono sempre precedute dal tamburino – assente solo in rare occasioni – ed il suono trasmesso dallo strumento differenzia i momenti del suo incedere secondo le varie circostanze ed è codificato dai vari “passi” e altri suoni. Il “passo di marcia”, detto semplicemente “passo”, viene battuto quando la Comparsa transita per le vie cittadine e detta il tempo di marcia; questo “passo” viene suonato in modo molto lento e con il tamburo “scordato”, cioè con i tiranti allentati, in occasione delle esequie di un contradaiolo nei casi previsti dal Rituale.
Il “passo a vittoria” viene battuto, in modo quasi ossessivo, quando la Contrada vince il Palio, ma anche in altre occasioni quali l’ingresso della Comparsa in Piazza, non solo per il Palio ma anche per il Giro delle Onoranze, oppure quando la Comparsa entra nei confini di altre Contrade sempre nell’ambito del Giro per la Festa del Santo Patrono e quando rientra nei confini della propria Contrada o, ancora, quando le Comparse di due Contrade che non sono avversarie si incontrano per le strade cittadine, e ciò succede in particolare il giorno del Palio.
Il “passo della Diana”, detto anche “passo di Piazza”, detta l’incedere del Corteo storico in Piazza il giorno del Palio; il tamburino alterna il “rullo” con battute singole e i cosiddetti “raddoppi” con una cadenza particolare. C’è poi “la stamburata” che accompagna gli alfieri nei vari passaggi di bandiera durante la sbandierata con una sincronia perfetta; anche questa è un’alternanza di rulli, raddoppi e battute ma con passaggi e ritmo diversi dal Passo di Piazza.
Un esercizio particolare detto “tata-mama” è quello che ogni buon tamburino deve imparare per eseguire “il rullo”, la parte più difficile per chi suona questo strumento. Il “rullo” accompagna la benedizione del Palio nella Basilica di Provenzano a luglio e nella Cattedrale in agosto.
I tamburi, fino a tutti gli anni ’60 del secolo scorso, avevano la cassa in ottone o in lamiera, e così i cerchi ed i tiranti, ed erano quindi molto pesanti. Solo negli anni ’70 si passò alla costruzione di tamburi con la cassa e i cerchi in legno, rendendoli più leggeri e, cosa più importante, producevano così un suono dal timbro meno metallico e più solenne. Dalle foto d’epoca del 1879 e del 1904 vediamo che il tamburo di Piazza aveva una cassa piuttosto bassa e nessun colore distintivo; solo nei cerchi, forse, erano riprodotti i colori della Contrada. È solo con il rinnovo dei costumi del 1928 che la cassa del tamburo viene dipinta di bianco alternato da bande azzurre, rosse e nere. Con il rinnovo dei costumi del 1955 il tamburo di Piazza è decorato con il motivo classico dei “monticini”, in perfetto connubio con il disegno delle bandiere che ha accompagnato la Comparsa in Piazza fino all’agosto del 2000. Con il rinnovo dei costumi per il Palio straordinario del 16 settembre 2000 il tamburo è stato concepito in armonia con le nuove monture: la cassa è stata dipinta con un monocolore bianco ad effetto damasco, l’emblema è stato realizzato a rilievo con la corona laminata in oro zecchino, i cerchi sono in legno intagliato e argentato con il motto della Contrada.
I tamburi usati per il Giro delle Onoranze inizialmente erano tutti a cassa bassa e di pesantissimo ottone. Solo negli anni ’80, grazie ad un gruppo di Istriciaioli particolarmente abili nella fabbricazione di questi strumenti, la Contrada si è dotata di un parco tamburi veramente notevole, tutti realizzati in legno con tiranti in corda e le casse ornate dai quattro colori con vari disegni geometrici, spesso in abbinamento con quello delle bandiere. Con orgoglio possiamo affermare che la scuola istriciaiola di “battere il tamburo”, come dicevano i nostri antenati, iniziata negli anni ’20 dal mitico Sor Renato Carapelli, ha dato i suoi ottimi frutti ed è un’arte che si tramanda nella Contrada di generazione in generazione.